giovedì 8 marzo 2018

3 progetti dal volume Antonino Saggio, "Architettura e Modernità Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica" Carocci

1) Eero Sarinen, TWA Terminal, JFK Airport, New York 1956-1962



''Un'opera chiave che fornisce la spiegazione più evidente del suo interesse verso la forza plastica e organica delle strutture. Il terminal della TWA è di nuovo opposto allo spazio assoluto di Mies (...) ed è teso alla ricerca di un'espressività primitiva, brutale e plastica e del tutto contingente delle forme. Si tratta di quattro volte che si sorreggono su piloni slanciati a forma di Y e che delimitano l'affascinante spazio centrale del Terminal. Due volte si caratterizzano come fossero grandi ali protese nell'aria (...) mentre due volte più piccole creano da una parte la pensilina d'accesso e dalla parte opposta un arco da cui intravedere le piste di decollo. Asole di luce separano le quattro volte una dall'altra rendendo leggibile la loro autonomia strutturale e facendo intravedere, come attraverso la frattura in caverna, il cielo.''
cit. da ''Architettura e Modernità Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica'' (Antonino Saggio, pag. 186)


2) J.Herzog & P.De Meuron, Cabine di manovre ferroviarie, Basilea 1994-1997



''L'opera che rivela Herzog e De Meuron è la cabina di manovre ferroviarie rivestita di rame, realizzata a Basilea nel 1994.....Si presenta infatti come un volume scatolare, ma le cui tessiture e vibrazioni, icui angoli smussati rivelano appunto la presenza del tema della pelle in una dimensione mai colta in quest'accezione.''
cit. da ''Architettura e Modernità Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica'' (Antonino Saggio, pag. 376)


3) Toyo Ito, Opera House, Taichung (2005-)


''L'altra architettura in cui l'acqua èun tema rilevante è l'Opera House a Taichung (2005-) nell'isola di Taiwan, oggi in costruzione. In quest'opera entusiasmante, l'acqua non è solo immagine sottomarina e indicatore visivo, ma è forza generatrice perchè progetto sembra seguire nel suo farsi il movimento di una goccia che plasma la materia in maniera continua e avvolgente.''
cit. da ''Architettura e Modernità Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica'' (Antonino Saggio, pag. 433)

To Do - work with Buddy: Benedetta Di Luzio

FORMA( “dal latino forma e dal greco μορφή (morphé) lemmi quasi sovrapponibili ma che presentano sfumature diverse. Infatti, il primo trae origine dalla radice sanscrita dhar- che significa tenere, sostenere . La versione greca ha, invece, un'origine più composita, infatti, alla base mor- che esprime il senso del vedere, dell'apparire è stata unita la radice -fé che pare risalire dall'ebraico af, con il significato di faccia, per cui la forma sarebbe la "faccia visibile" della realtà.)




( "L'identico e il differente",Daniela De Lorenzo,2003)
("L'uomo che cammina, Alberto Giacometti,1961)
(Analisi e interpretazione grafica delle due opere)














 La scelta di considerare le due seguenti opere è nata dal comune interesse che esse ci hanno suscitato. Infatti abbiamo percepito in entrambe un comune intento e un comune bisogno da parte degli autori; l’intento a cui ci riferiamo è quello di una ricerca continua e spasmodica di autodefinire sé stessi,rappresentare e conoscere la parte più autentica di noi,la nostra essenza. Una ricerca che rivela nelle opere il tormento dato dalla difficoltà di designare con contorni chiari l’identità, lasciando spazio invece alle infinite sfaccettature di cui è composta la nostra natura. Lo riscontriamo nei chiaroscuri e nella fluidità dei movimenti del feltro utilizzato da D.De Lorenzo e nelle irregolarità e ruvidità della scultura bronzea di A.Giacometti. I due artisti,a nostro parere, conducono la stessa ricerca ma operando con due processi tra loro opposti : De Lorenzo sembra rinunciare all’obiettivo di dare una forma alll’essenza mostrando al contrario un involucro esterno, un vestito di feltro, che non ricopre alcun corpo in quanto assente.
A. Giacometti invece sembra essere mosso dal bisogno di scavare,quasi fino all’osso, il corpo dell’uomo nella speranza di giungere al nucleo della sua essenza. Entrambe le opere rimarcano una evidente verticalità e un senso di fragilità delle strutture stesse: “L’identico e il differente” è sospesa dall’alto e protende verso il basso come a voler toccare terra,al contrario “L’uomo che cammina” è saldo a terra e protende in un moto ascensionale .
 L’interpretazione grafica vuole mettere in risalto gli aspetti descritti,evidenziando l’incapacità di cogliere nell’intero la loro essenza,ma apprezzandone invece i movimenti e le diverse sfaccettature, e inoltre delinea l’intento di mettere a fuoco le figure e i contorni,passando per una fase di eccessiva definizione di essi,che porta a un appiattimento delle forme nel caso de “L’uomo che cammina” .

To Do - work with Buddy: Maria Sole Beltrotti

Temporaneità. Questa è la parola che abbiamo scelto per poter analizzare le due opere, da noi scelte, al fine di determinare la sua configurazione formale/espressiva, secondo la nostra umile e soggettiva interpretazione.

La prima scelta risiede nella Alain Jacquet con “Le déjeuner sur l’herbe” (1964) per un Mario Schifano, un pittore, che si trova al centro della composizione originale. Tutti seduti e sedotti dall’importanza del tempo libero. Una donna, perfetta nelle sue imperfezioni che, con il gesto di una mano sotto un mento, ancora oggi, riesce ad ottenere l’attenzione dell’osservatore. La tecnica che utilizza l'artista, in questo caso, è la serigrafia. Ciò permette che l'immagine, inizialmente fotografica, venga stampata per mezzo di una deposizione dell'inchiostro sulla tela. Al fine di scomporre l'immagine e ricostruirla per mezzo dell'osservatore, con la deposizione di piccole "macchie" di colore.

Lo sfondo lo dobbiamo a Gilbert & George. "Flow" (1988), questo è il nome dell'opera. Corrente. Una corrente del tempo, che qui sembra immobilizzarsi con le sue nuvole. Nell’originale vediamo i due artisti simmetricamente disposti in ginocchio, a loro volta sostenuti da due ginocchia maschili. L’unico frammento di un corpo che non c’è più, ma che ho cercato di restituire con la figura femminile di Jeannine Goldschmidt nel quadro della Jacquet. Gilbert e George immobili, sostituiti dalla composizione dinamica delle due figure maschili ora presenti. 
La tecnica della serigrafia è stata reinterpretata al fine di creare un contrasto tra quello che le opere sono nella loro forma originale e quello che è stata la nostra interpretazione. La ricomposizione, per mezzo dell'immagine fotografica della Jacquet e la scomposizione dello sfondo estrapolato dall'opera di Gilbert & George, trasformandolo in una stampa serigrafica.
Un momento, la sua temporaneità per cui godere del piacere ed un altro per cui temerlo ed esserne quasi succubi (il cielo). I tagli, le mie fessure bianche? Entrambe le opere originali sono frammentate. Le unisce. La vita è fatta di momenti e di attese. Basta solo essere capaci a comprendere quando è il caso di agire. 

Alain Jacquet, Le déjeuner sur l'herbe, 1964

Gilbert & George, Flow, 1988


Maria Sole Beltrotti, Amarildo Bracaj, Silvia Cascone, Benedetta Di Luzio




To Do - work with buddy: Alberto Bodo

Interpretazione opera di Gianni Piacentino, Blue Portal IV (1966/1967, Museo Madre)
Parola chiave: Narrazione

L'opera di G.Piacentino si presenta come una porta di accesso dalle dimensioni ''inumane, assurde'' come l'autore stesso le ha definite, delimitando una porzione dello spazio espositivo con cui interagisce. Ciò che attrae è la sua indubbia natura autoreferenziale che resta ferma sulla linea, il colore, le dimensioni e il posizionamento. Il mio interesse nei confronti dell'opera nasce immediatamente dopo un primo contatto visivo: l'oggetto si impone sullo spazio bianco , dichiara la sua presenza, fermezza e sicurezza di se nei confronti del bianco ''infinito''. Personalmente,nonostante l'immobilità e la staticità dell'opera, percepisco un invito ad avvicinarmi, dovuta all'esigenza di avere un contatto con essa, dando vita ad un dialogo con l'ignoto.


Interpretazione opera di Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta  (1913, GNAMC)
Parola chiave: Equilibrio

L'opera di Marcel Duchamp è composta da due elementi in antitesi fra loro: la ruota di una bicicletta e un oggetto di stasi.
La scelta operata conduce l'oggetto ad essere considerato un'opera d'arte quando esso viene inserito in un contesto dove convenzionalmente l'uomo è indotto a considerare tutto come “arte”. Allora l'opera d'arte sta sia nell'avere concepito l'oggetto che nell'avere agito affinché esso potesse essere considerato arte. Le due intenzioni non possono essere scisse.
Inoltre dopo aver scelto questi due oggetti d’uso comune e averne annullato la funzione pratica, impose al sistema dell’arte di considerarli da un punto di vista estetico-concettuale. Duchamp, con questa azione, mise in discussione la definizione stessa di arte e dell’intero processo creativo. L’arte era ora qualcosa di manipolabile. Di fatto l'autore non ha l'obiettivo di esibire proprietà estetiche, ma è il processo di fondazione dell’opera, implicando aspetti intellettuali e concettuali, il solo che trasformava semplici oggetti in opere d’arte.
Ciò che cattura la mia attenzione è il connubio paradossale ruota-sgabello, un equilibrio logistico e intrinseco dell'opera disarmente:
la ruota, simbolo della dinamicità, si fonde con lo sgabello, simbolo della staticità, immortalando il movimento in un tempo indefinito.

Amarildo Bracaj - Alberto Bodo di Albaretto

INTERPRETAZIONE GRAFICA PERSONALE DELLE OPERE:

1) Gianni Piacentino, Blue Portal IV (1966/1967, Museo Madre)
            2) Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta  (1913, GNAMC)